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Cannabis e derivati in Farmacia: benefici e rischi

Cannabis terapeutica

Negli ultimi anni c’è stato un crescente interesse nell’uso della cannabis a scopo terapeutico.

A seguito del grande interesse pubblico, soprattutto per la gestione del dolore, i governi di molti Paesi hanno approvato leggi e decreti per consentire la coltivazione, la produzione, la prescrizione e la distribuzione di prodotti medicinali a base di cannabis.

La cannabis è una pianta della famiglia delle cannabaceae e il suo impiego a fini terapeutici ha una lunga storia in diverse culture, nonostante non sia stato adeguatamente e rigorosamente studiato.

Il genere cannabis comprende specie, varietà e sottospecie indistinguibili tra loro in quanto morfologicamente simili, ma contenenti un numero molto elevato di sostanze diverse fra loro (tra 400 e 750) presenti in concentrazioni differenti.

I cannabinoidi

I cannabinoidi sono sostanze accomunate dalla capacità di interagire con i recettori cannabinoidi e possono essere distinti in tre gruppi fondamentali:

  • endocannabinoidi: sono quelli prodotti dal nostro organismo. Questo sistema di neurotrasmettitori è coinvolto in diverse funzioni, quali appetito, spasticità muscolare, memoria, analgesia, azione vasodilatatoria, proprietà anticonvulsivanti, regolazione della risposta immunitaria e infiammatoria
  • cannabinoidi sintetici: molecole analoghe ai cannabinoidi naturali, ma sono di natura sintetica. Queste molecole sono sintetizzate con l’obiettivo di mimare gli effetti THC (delta–9–tetraidrocannabinolo) sulla spasticità muscolare, appetito o analgesia, senza tuttavia possedere gli effetti psicotropi indesiderati. Appartengono a questa categorie i derivati sintetici del delta-9-tetraidroacannabinolo, nabilone, e dronabinol, per i quali sono attualmente in commercio (anche se non in Italia) farmaci registrati per il trattamento di nausea e vomito nei pazienti in chemioterapia antitumorale (nabilone); o per la perdita di appetito e di peso nei pazienti affetti da AIDS (dronabinol)
  • fitocannabinoidi: ne fanno parte centinaia di composti chimici presenti nella Cannabis sativa. Ad oggi ne sono stati identificati una settantina di cui i due principali per gli effetti terapeutici sono il tetraidrocannabinolo, che possiede effetti psicotropi e azione stupefacente e il cannabidiolo, che possiede azione antispastica e analgesica. Quest’ultimo viene impiegato per alleviare spasmi e dolori muscolari e, possedendo un effetto antagonista sui recettori CB1 viene usato in associazione al THC nell’ipotesi che ne possa bilanciare gli effetti indesiderati a carico del sistema nervoso centrale.

Normativa Italiana ed Europea

Il Decreto Ministeriale (DM) del 9 novembre 2015 autorizza in Italia la prescrizione ad uso medico di preparati galenici di cannabis, ottenuti a partire dalle infiorescenze di piante di cannabis coltivate presso lo Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze o importate dall’Olanda. Questi preparati sono attualmente al centro di un dibattito scientifico, soprattutto in relazione alla qualità (titolo dei principi attivi) dei galenici da somministrare e delle evidenze di efficacia clinica.

In Italia la prescrizione di prodotti a base di cannabinoidi non è una novità assoluta. Dal 2006 è infatti possibile la prescrizione di prodotti galenici a base di dronabinol ottenuto dalle infiorescenze della cannabis essiccate e macinate, da assumere sotto forma di decotto o per inalazione con apposito vaporizzatore.

Dal 2013 è inoltre prescrivibile dai neurologi una specialità medicinale a base di estratti di cannabis (farmaco registrato contenente 2,7 mg di delta–9–tetraidrocannabinolo e 2,5 mg di cannabidiolo) per ridurre gli spasmi dolorosi nella sclerosi multipla nei pazienti adulti.

La novità introdotta dal DM del 2015 è quella di poter produrre preparati galenici a partire dalle infiorescenze di cannabis senza dover titolare i principi attivi presenti nel prodotto finito. Le infiorescenze di cannabis sono incluse nelle tabelle degli stupefacenti ed il loro utilizzo in campo farmaceutico è soggetto ad autorizzazione preventiva, come previsto dalle Convenzioni delle Nazioni Unite del 1961 e 1971 e dalla normativa nazionale in materia di stupefacenti.

A tal fine le infiorescenze di cannabis di piante ad alto contenuto di THC (> 0,2%) devono essere trasformate in sostanze attive di origine vegetale secondo le direttive europee in materia di medicinali.

Pertanto oltre all’autorizzazione preventiva alla coltivazione, la normativa vigente prevede anche che la vendita possa essere fatta solo da officine farmaceutiche autorizzate alla trasformazione in medicinali e sostanze attive.

Il Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015 consente la prescrizione degli estratti di cannabis per diverse indicazioni, che vanno dal dolore cronico a quello associato a sclerosi multipla, a lesioni del midollo spinale o al glaucoma resistente alle terapie tradizionali.

Effetti collaterali e rischi legati a un utilizzo ricreativo

A fronte di scarse evidenze di efficacia non esistono al momento informazioni chiare sulle reazioni avverse dovute all’impiego medico.

Si conoscono però gli effetti collaterali più comuni associati all’uso ricreativo della cannabis e al suo sovradosaggio che in alcuni casi comportano conseguenze serie, che includono psicosi, stati depressivi, convulsioni e sindrome motivazionale caratterizzata da apatia e letargia.

Vi è inoltre il sospetto che l’uso ricreativo della cannabis sia associato a un maggior rischio di eventi cardiovascolari gravi, come infarto al miocardio e ictus, a causa degli effetti che i cannabinoidi possono esercitare sul sistema cardiovascolare, aumentando il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna.

Una liberalizzazione di questi preparati potrebbe esporre la popolazione a rischi non valutabili e non tracciabili rendendo difficile il monitoraggio e il controllo dell’uso in situazioni non appropriate, o in presenza di controindicazioni nelle persone più esposte:

  • adolescenti, a causa di alterazioni mentali che sono maggiori durante il completamento dello sviluppo cerebrale;
  • individui affetti da disturbi cardio-polmonari gravi, in cui l’uso di cannabis potrebbe causare ipertensione, sincope o tachicardia;
  • pazienti con grave insufficienza renale o epatica e soggetti con epatite C cronica a causa di un aumentato rischio di sviluppare o peggiorare una steatosi;
  • persone con precedenti storie di depressione e disturbi comportamentali, disordini psichiatrici o una storia familiare di schizofrenia in quanto la cannabis può provocare crisi psicotiche.

Non è infine da trascurare il rischio di effetti additivi o sinergici negli individui che sono in terapia con farmaci psicotropi (ipnotico, sedativi o antidepressivi) in quanto la cannabis può avere effetti sinergici. Per queste ragioni l’AIFA ha ritenuto fondamentale separare l’utilizzo terapeutico dalla liberalizzazione spesso richiesta da molte persone che in Italia fanno uso di cannabis.


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Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo Professione Farmacia del Dr. Luca Pasina: “Cannabis e derivati: benefici e rischi dell’uso terapeutico e di quello ricreativo”
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